Il mondo delle immagini è percorso da segni diversi che ogni artista decodifica. Ovviamente tutte le arti si sono interessate e lasciate sedurre dalle diverse culture e così anche il meraviglioso Oriente segreto e magico è stato svelato attraverso alcuni segni!
L’Occidente ragiona su un’Oriente lontano, ma che si avvicina attraverso saggi e letture che vogliono renderlo più tangibile. Attraverso il titolo dell’opera del saggista francese Roland Barthes. Il testo scritto nel 1970 è una nota di viaggio in cui lo studioso non vuole necessariamente darci un’opinione, ma annotazioni attraverso aspetti che invece per altri risulterebbero poco interessanti.
Lo Studio60 risplendeva di una luce preziosa, attraverso opere artistiche uniche e il delicato ed efficace allestimento, incuriositi da tutti gli elementi giusti! Ad accompagnarci nel mondo tortuoso delle parole e dei segni François Bruzzo che ha catturato le molte persone presenti con una vera e propria lezione universitaria, ne riporto i concetti fondamentali con l’utile video girato durante l’inaugurazione…
…un Giappone che diventa un Oriente estremo che non bisogna riconoscere in un punto geografico preciso, ma un Giappone che deve mettere in moto qualcosa, attraverso la provocazione appunto del saggio che da nome alla mostra stessa! Per Barthes rappresenta una riserva di tratti e l’idea di un sistema simbolico. Grazie a François noi affrontiamo una riflessione culturale, su quello che piace agli orientali della nostra cultura e cosa invece noi cerchiamo nella loro un Giappone non più diffuso ma silente e che non ha bisogno di commenti come le opere che possiamo vedere entrando in questo luogo. Cose, che deriva dal giapponese mono, come ricettacoli grafici, ovvero cose che mettono in moto il segno. Dai Taccuini di Patrizia Peruffo, parte dalla necessità di annotare qualcosa, dalla necessità di usare il supporto per scrivere qualcosa di importante. Il supporto che nella nostra tradizione arriva nell’800 e nell’opera di Patrizia non è più un oggetto dimenticato, parlandoci attraverso onde, vento, haiku su onde e vento! Il taccuino è onda e vento, può essere tutto! Il vaso che ci fa pensare all’ikebana, non solo rami ma anche foglie per coltivare la parte del cielo della terra e dell’uomo, la cui forma di base è il triangolo scaleno. Distante dalla simmetria di pensiero greco! Vasi fluttuanti che arrivano dalla tradizione dell’Ukiyo – e che vuol dire rappresentazione del mondo fluttuante, ciò che passa che non consiste e non compare! Le collane di Angela Simone realizzate con la tecnica del Suminagashi tecnica che affonda nella cultura cinese e che arriva in Giappone tra il 1000 e il 1100 usando la marmorizzazione, ovvero l’inchiostro sulla carta in un’opposizione fondamentale tra il bianco o il nero, ma anche tra più colori. Una fluttuazione legata al mondo dell’acqua e del segno che si dirige e l’abilità dell’artista che deve capire dove va la fluttuazione e stare al suo gioco, in cui il soggetto non c’è! Anche i testi sparsi in questo gabinetti, di Mirko Cremasco provocato, ha rifatto in maniera inconsapevole una vecchia tecnica giapponese che sembrano degli haiku. Testi ricavati da scritti più lunghi, l’haiku che deriva dal tanka. Mirko si è prestato al gioco e far andare i suoi psedo haiku, trasformandoli in una semplicità estrema. Ha abbandonato la scienza e si è fatto trasportare dalla parola! L’haiku è semplice e non descrittivo, in una semplicità per noi disarmante con dei vuoti che vengono coltivati. Usa tutti i livelli di poeticità che conosciamo e il carattere si trova a essere la parte più peculiare attraverso il gioco dei caratteri e nelle sue ricorrenze, lanciando al lettore delle profonde ambiguità. Ci troviamo così davanti ad un enigma! Elvezia Allari ha usato i testi di Mirko riproducendoli con il cucito, sarebbe stato ovvio se fossero state leggibili, l’idea è stata di farli vedere dall’altra parte, le parole sono abbordate al rovescio e arrivano a noi in un modo sconosciuto. Il testo viene posto non come interpretazione ma è un testo che sollecita un modo di tacere. Elvezia ha usato la carta, materia comune a tutti gli interventi, che diventa carta giardino, che trattiene i segni e colori che a loro volta trattegono sovrapposizioni e da cui nascono increspature floreali o frammenti di florealità. Le cose appese, il kakemono, oggetto interessante, qualcosa che si appende e quindi illustra, come per la cerimonia del te, può essere grafico e accompagnato dall’ikebana. Il kakemono è anche un ricettacolo di segni grafici come quelli in vetrina. La casa giapponese è una cosa fluttuante che cambia come i kakemono che intervengono e quando non vengono usati vengono riposti arrotolati, come quelli esposti con all’interno dei testi di Mirko. Questo è il Giappone, l’Oriente che è venuto a trovarci perché è stato raccolto dalle artiste e da Mirko, cogliendo le sollecitazioni di Roland Barthes per lanciarsi in un’Oriente da cartolina e di rappresentazione ma è un’Oriente che proviene e attraverso e da cui ognuno si è messo in gioco per offrirlo a voi, proporvelo per ricordarvi che l’Oriente sta anche nel cuore della nostra vita quotidiana!
Un’inteso momento di racconto e di comprensioni di momenti di Oriente che possiamo vivere tra i nostri mobili immobili e creare, come spesso facevano scrittori del passato, un Oriente personale! Per immergervi anche voi nelle atmosfere dell’Impero dei Segni avete tempo fino al 31 maggio dalle 9 alle 12 e dalle 16 alle 19.30, chiuso il lunedì mattina!
Alcune foto per stuzzicarvi e farvi giungere presso Spazio60 Contrà Porta Santa Lucia 60! Ma sarebbe comodo mostrarvi solo quelle dell’inaugurazione quindi anche qualcuna dei giorni precedenti…
Allestimento















Inaugurazione








