Nuova visita a Palazzo Barbaran Da Porto in arte il Palladio Museum, questa volta in occasione della cospicua donazione di Alberto Caldana al CISA, che raccoglie circa quattrocento pezzi, con carte e mappe che arrivano a coprire un lasso temporale fino al 2000.
Il museo ormai l’ho descritto parecchie volte, apprezzando la sua caratteristica interattiva, rendendo visionario e suggestiva una disciplina come l’architettura che rischia di rimanere, per profani come me, fossilizzata e statica come pesanti fondamenta. Una mostra che ha visto l’aprirsi di nuove sale pronte ad ospitare a rotazione tutto questo materiale. Del resto questa acquisizione rende visibile che anche se conoscessimo perfettamente Roma, non riusciremmo a cogliere nella sua completezza, con la mostra Mamma Roma. Con Pasolini e Piranesi.
Per questo ci aiuta la cartografia! La raccolta Caldana infatti propone mappe e rilievi, una tecnica importante per misurare le dimensioni delle nostre città, adesso per farcene un’idea basta andare su Google che dall’alto riprende i cambiamenti urbanistici. E quando questi mezzi non c’erano? La cartografia ci veniva in aiuto come quel ramo delle scienze geografiche che si interessa del territorio ed esiste da quando l’uomo ebbe la necessità di spostarci e perciò conoscere il territorio in cui viveva, così da avere proficui rapporti commerciali e si pensa abbia origine dal periodo babilonese anche se per l’utilizzo di mezzi scientifici bisogna aspettare la civiltà greca.
Via via che le epoche passano, arrivano anche le migliorie scientifiche e rappresentative e proprio attraverso questi documenti scopriamo in particolare Roma, la città eterna che ha veramente attirato l’interesse di numerosi studiosi, tra architetti, ingegnere, archeologi nonché incisori che hanno analizzato le stratificazioni e le nuove costruzioni, naturalmente anche il padrone di casa, Palladio non poteva prescindere dalla conoscenza delle antichità romane.
Il nostro Grand Tour parte dalla mappa di Luigi Canina, architetto, studioso e archeologo che nel 1856 realizza un grande foglio con La rappresentazione della campagna romana, affascinante in quanto pone non solo come rappresentazione del territorio ma proprio valevole come foglio di lavoro, ricco di appunti e note. La prima stampa della mappa risale al 1838, la seconda, quindi quella in mostra, differisce dalla prima per l’inserimento degli acquedotti.
Paul Acler, incisore, nella Parigi del 1897 realizza la litografia con una grande veduta di Roma antica. Torna parecchio indietro, nella Roma dell’Anno Domini 337 riprendendo i passi di Pirro Ligorio nel 1561. Un’intreccio di edifici dell’epoca della Repubblica che convivono con edifici di epoca imperiale e con le prime chiese cristiane.
Nella stessa sala ritorna Luigi Canina il quale nel 1830 realizza la Pianta topografica di Roma antica, collocando le planimetrie dei monumenti antichi sopra il tessuto dei monumenti moderni e utilizzando come base la mappa settecentesca creata da Nolli. La complessità visiva non si limita a questo, infatti attorno alla mappa sono collocati 157 frammenti della Pianta Severiana risalente all’epoca dell’Imperatore Settimio Severo e scoperta nel 1562.
Con questo incisore e cartografista la nostra bussola temporale torna indietro di parecchio, conosciamo così Pirro Ligorio, intellettuale, pittore, che nel 1540 si avvicina alle ricerche archeologiche. Per la realizzazione delle sue mappe ricorre agli elementi architettonici visibili delle città antiche, ma arricchendola di numerose altre fonti e informazioni: descrizioni di fonti latine o greche, le architetture raffigurate sulle monete, immagini fuse su piombo, bronzo, pietra e terracotta. Punta infatti a ricostruire l’intero tessuto urbano comprendente giardini e altri spazi generalmente ignorati. Il suo fare cinquecentesco si vede anche nella tecnica utilizzata, ovvero la prospettiva assonometria schiacciata, immedesimandosi nella Roma dell’antichità.
Arriviamo così ad uno dei protagonisti della mostra, Giovanni Battista Piranesi, originario di Mogliano, compie nella vicina Venezia la sua formazione architettonica e ingegneristica. Ma sarà solo con il trasferimento a Roma nel 1740, che avrà modo di sperimentare pienamente le sue potenzialità come incisore e architetto. Nella maturità si espresse pienamente con l’acquaforte e con i complessi affetti prospettici e chiaroscurali. Risalente al 1762 vediamo La scenografia Campi Martii. Nella sua visione ci sono molteplici aspetti che si intrecciano: archeologia, mito e invenzione prendono come punto focale un preciso luogo della città il Campo Marzio descritto nella Geografia di Strabone, il quale ricorda le magnifiche architetture: strutture per lo sport, teatri, templi, basiliche e mausolei. Sulla base storica e materiale Piranesi unisce la sua visione puramente di fantasia.
Con l’ultima mappa presente in questa sala, facciamo un ulteriore passo in avanti, con Rodolfo Lanciani, archeologo che seguì per molti anni gli scavi di Roma. Dal 1893 al 1901 lavora alla realizzazione della Forma Urbis Romae, un lavoro immane comprendente 46 fogli in cui tutta l’esperienza sul campo fu fondamentale. 26 anni per avviare la pubblicazione e altri 8 per completare l’opera. Le linee rosse rappresentano la città moderna, in blu le nuove opere Piano Regolatore aggiornate fino al 1892 e in nero gli edifici di cui rimangono i resti, mentre in azzurro i corsi d’acqua e gli acquedotti. Lanciani si servì dell’opera per sostenere una vera e propria battaglia contro il degrado e difendere il patrimonio archeologico.
Chiudo la rassegna di questa prima sala con un’altra mappa, quella della Roma di Pasolini. Sono segnate le abitazioni dell’intellettuale, i luoghi d’incontro della Bella Roma, l’ambientazione dei suoi romanzi e naturalmente quello dei suoi film. Nello schermo si alternano spezzoni di due importanti film Mamma Roma e La Ricotta, il primo girato nel 1962 e l’altro nel 1963. Frammenti di film che ripropongono le borgate in cui sono inglobati i frammenti di acquedotti, svuotati di qualsiasi valore, forse quasi un ostacolo, negli anni del boom economico, dell’avanzare della città con i suoi nuovi quartieri. Nella Ricotto, ricordo film ad espisodi, troviamo Orson Welles che recita i versi dello stesso Pasolini infatti attraverso la poesia esprime il suo senso di estraneità ad un futuro di cui già negative sembrano le premesse!
Dopo aver passato la seconda saletta ecco in una sala che raccoglie, tra le teche e i materiali appesi alle pareti, materiali e mappe di pregio. Il materiale è molto ricco e vario e va dal 1500 almeno fino appunto ai nostri giorni. In programma una rotazione del ricco materiale che va apprezzato e visto con occhio attento e particolareggiato …troppi e ognuno particolare meriterebbe una scheda ad hoc.. però vi lascio solo alcune immagini per invogliarvi ad andare e vedere da vicino quello che la cartografia svela della città affascinante e come ogni città si rispetti che oscilla tra un passato importante e un futuro architettonico che ci stupirà… o inorridirà!
In programma fino al 18 maggio 2014, anche se la collezione trova nel museo il suo luogo d’elezione! Ingresso intero 6 ridotto 4 oppure con biglietto commutativo Vicenza Città Bellissima che vi da diritto di visitare i 7 musei della città!



















